Quando la violenza è dentro le mura di casa: il reato di maltrattamenti in famiglia

66b4087a_user • 9 maggio 2025

Maltrattamenti in famiglia: come difendersi

Argomenti trattati in questo articolo:
Reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), condotte penalmente rilevanti in ambito domestico, tutela delle vittime, allontanamento del maltrattante, denunce e querele, misure cautelari e ordini di protezione, procedura penale per maltrattamenti in famiglia, avvocato penalista a Sanremo, assistenza legale a Sanremo per reati in ambito familiare.

Maltrattamenti in famiglia: cosa sono davvero e cosa comportano

Quando parliamo di maltrattamenti in famiglia, ci riferiamo a situazioni in cui una persona, all’interno di un contesto familiare o assimilabile, sottopone un’altra persona a sofferenze fisiche o psicologiche in modo ripetuto nel tempo. Non parliamo quindi di un episodio isolato, ma di una vera e propria condotta abituale, fatta di insulti continui, minacce, umiliazioni, aggressioni, privazioni o violenze anche solo psicologiche.


Chi può essere vittima?

Non solo il coniuge o i figli. La vittima può essere anche il convivente, un ex partner con cui si mantengono contatti (ad esempio per la gestione dei figli), un genitore, una persona affidata per motivi educativi o di cura (come un collaboratore domestico o un anziano), o chiunque viva con l’autore del reato in una relazione fondata su legami stabili o rapporti di autorità e fiducia.


E chi può commettere il reato?

Chiunque abbia una posizione di autorità o legame fiduciario con la vittima. Non solo, quindi, un genitore verso un figlio, ma anche un partner verso l’altro, un figlio verso un genitore, o un datore di lavoro in certi casi particolarmente gravi.


Quando si configura il reato

Il reato si realizza quando queste condotte, anche se non gravi singolarmente, si ripetono nel tempo in modo tale da far vivere la vittima in uno stato costante di paura, disagio o soggezione. Due episodi soli possono non essere sufficienti, ma non serve nemmeno che si tratti di una violenza protratta per anni: bastano pochi episodi significativi e ravvicinati nel tempo per dimostrare l’abitualità.

Il reato può continuare anche dopo la fine della convivenza, se permangono rapporti stabili, ad esempio per la gestione dei figli o per vincoli economici.

I maltrattamenti possono essere:

  • Psicologici (offese, minacce, umiliazioni, controllo eccessivo)
  • Fisici (spinte, schiaffi, lesioni)
  • Economici (privazione dei mezzi di sussistenza, dipendenza economica forzata)
  • Relazionali (isolamento dai familiari o dagli amici)
  • Lavorativi o scolastici (in casi particolari, se c’è abuso di autorità e un rapporto fiduciario)


Cosa prevede la legge

L’articolo 572 del Codice Penale punisce i maltrattamenti contro familiari o conviventi con la reclusione da 3 a 7 anni. La pena aumenta se la vittima è minorenne, incinta, disabile o particolarmente vulnerabile. In caso di lesioni gravi, si può arrivare fino a 9 anni di carcere. Se, a causa dei maltrattamenti, la vittima muore, la pena può raggiungere anche i 24 anni di reclusione.

Oltre alla condanna, il giudice può disporre misure urgenti per proteggere la vittima, come:

  • Allontanamento immediato dell’autore da casa
  • Divieto di avvicinamento o di comunicazione
  • Sorveglianza da parte delle forze dell’ordine

Grazie alla legge cosiddetta Codice Rosso, la denuncia per maltrattamenti viene trattata con procedura d’urgenza: la persona offesa deve essere ascoltata dal Pubblico Ministero entro tre giorni e le misure cautelari possono essere adottate in tempi molto rapidi.


Querela: serve o no?

Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che di norma non serve la querela della persona offesa per far partire l’indagine. Basta che le forze dell’ordine o il pubblico ministero vengano a conoscenza dei fatti perché si apra il procedimento penale.

Tuttavia, presentare una denuncia da parte della vittima resta molto importante:  può permettere un intervento tempestivo, l’adozione di misure cautelari e l’inizio di un percorso di protezione e supporto.

Presentare querela per maltrattamenti in famiglia è un passo fondamentale per attivare la tutela penale prevista dalla legge italiana. Sebbene si possa formalmente depositare querela anche da soli presso le forze dell’ordine, rivolgersi a un avvocato è fortemente consigliato: il legale può redigere un atto più chiaro, preciso e circostanziato, mettendo in evidenza gli elementi rilevanti ai fini dell’indagine e rafforzando l’efficacia dell’intervento dell’autorità giudiziaria.

Un avvocato, inoltre, può valutare se sussistano i presupposti per richiedere misure cautelari a tutela della vittima (come l’allontanamento del maltrattante o il divieto di avvicinamento), oltre a fornire supporto nella fase iniziale del procedimento penale, in cui è fondamentale che i fatti vengano esposti nel modo più completo e giuridicamente corretto.

Infine, l'assistenza legale aiuta anche a evitare che la querela venga ritenuta generica o inammissibile, garantendo che non vadano perse occasioni importanti per far valere i propri diritti e ottenere protezione.

Lo studio dell'Avv. Matteo Guazzoni, con sede a Sanremo, assiste persone vittime di maltrattamenti in famiglia, offrendo consulenza legale mirata e supporto nella stesura della querela, nella richiesta di misure cautelari e nella difesa nel corso del procedimento penale. Se stai cercando un avvocato a Sanremo competente in diritto penale e tutela delle vittime, puoi rivolgerti con fiducia.


A chi chiedere aiuto

Se pensi di essere vittima o testimone di maltrattamenti:

  • Rivolgiti a un avvocato di fiducia o a un Centro Antiviolenza
  • Chiama il 1522 (numero gratuito e attivo 24 ore su 24)
  • Puoi anche chiedere aiuto a servizi sociali, forze dell’ordine o associazioni come D.i.Re o Donnexstrada, che offrono supporto legale e psicologico


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